lunedì 3 giugno 2013

Il pensiero positivo


Ci è stato insegnato a considerare noi stessi come dei contenitori vuoti, che hanno bisogno di essere gradatamente riempiti. A questo pensano la religione, l'educazione e i tanti condizionamenti che riceviamo in continuazione dalla società e, in generale, dall'ambiente che ci circonda. «Non far questo perché è peccato». «Non dire quello perché non sta bene». «Non fare quell'altro perché è sconveniente».

Quante proibizioni riceviamo fin dall'infanzia! E quante ingiunzioni a fare invece tante altre cose, soltanto perché la morale comune, la moda, l'etichetta, gli usi e costumi richiedono quel determinato comportamento. Siamo come ingabbiati, imprigionati in una rete di "fare" e "non fare", "dire" e "non dire", perfino "pensare" e "non pensare".

Questa rete è stata costruita da altri esseri umani che si sono arrogati il diritto di decidere, stabilire certe norme e sono stati poi così in gamba da farsi ubbidire un po' da tutti. Così sono nate le consuetudini di vita comune, sia a livello fisico che psicologico e perfino spirituale. Siamo in prigione e ci siamo ormai abituati così bene al nostro stato di prigionieri che non pensiamo neppure alla possibilità di essere liberi padroni di noi stessi e delle nostre scelte.

Tratto da "Il Pensiero Positivo" -- di Anthony De Mello

giovedì 23 maggio 2013

Lo sport terapia

LE «PRESCRIZIONI» VANNO PERSONALIZZATE IN BASE AD ETÀ E PATOLOGIE

Il movimento è una cura
che richiede tempi e dosaggi giusti

L'attività fisica è ormai considerata una vera terapia che accompagna e sostiene gli altri trattamenti

MILANO - Fare sport perché è divertente, per mantenersi in forma o dimagrire, per prevenire le malattie. Oppure per curarsi, scegliendo di nuotare, correre o allenarsi in palestra. L'attività fisica è sempre più considerata un vero farmaco, e i medici la prescrivono spesso come parte integrante della terapia (GUARDA): se ne è parlato in un convegno dedicato all'argomento nell'ambito di Rimini Wellness, la più grande manifestazione italiana dedicata al fitness.
I RISCHI - «Lo sport è una medicina da assumere con dosaggi precisi perché farne poco non serve a molto, ma esagerare può dare effetti collaterali - spiega Gianfranco Beltrami, docente del corso di laurea in Scienze motorie dell'Università di Parma e membro del consiglio direttivo della Federazione Medico Sportiva Italiana (Fmsi) -. Le conseguenze di un sovradosaggio vengono pagate di solito dall'apparato muscolo-scheletrico: caviglie, ginocchia, anche, spalle possono risentire di sovraccarichi eccessivi e risultarne danneggiate. Perciò la prima regola è individualizzare la terapia a base di sport, prescrivendo prima un lavoro leggero e poi, man mano che il paziente è più allenato, incrementando i carichi e gli sforzi». Chi dovrebbe scrivere la "ricetta" dell'attività fisica? «In chi non è del tutto sano non si può improvvisare - risponde Beltrami -. Se c'è una malattia cronica in corso, la scelta migliore è avvalersi di uno specialista in medicina dello sport, che dovrebbe poi affidare il paziente a un laureato in scienze motorie preparato per seguirlo e far sì che l'esercizio prescelto venga praticato nel modo giusto».
SPORT GIUSTO - Nel nostro Paese non c'è ancora la consapevolezza della necessità di affidarsi a un esperto per scegliere lo sport giusto, ancora meno ci si rivolge al personal trainer come "coach di salute". Questo accade soprattutto perché anche se tutti, ormai, sappiamo che con l'attività fisica si prevengono le malattie e che la sedentarietà fa male (diversi studi ad esempio hanno sottolineato che stare seduti troppo a lungo aumenta la mortalità per malattie cardiovascolari e non solo), pochi però hanno davvero capito che lo sport è una terapia vera e propria, da seguire per stare meglio se si soffre di patologie croniche perfino serie. L'elenco delle malattie "curabili" con il movimento è lungo: «Il caso più eclatante è l'infarto, perché fino a vent'anni fa chi ne era colpito stava un mese a letto e anche dopo poteva fare movimento solo fra mille precauzioni: oggi facciamo salire su una bicicletta i nostri pazienti pochissimi giorni dopo l'attacco di cuore - fa notare Beltrami, che è anche specialista in cardiologia -. Naturalmente servono visite mediche e test accurati, per capire il livello di attività sostenibile da una persona che ha avuto un infarto: la prescrizione non sarà la stessa per un cinquantenne o un settantenne, ma in generale si devono sempre inserire una parte di lavoro aerobico, una parte di tonificazione, esercizi di allungamento e per favorire l'equilibrio. Le dosi di ciascuna fase della sport-terapia variano a seconda delle caratteristiche del paziente e della patologia di cui soffre».
PATOLOGIE - Così per le malattie cardiovascolari come lo scompenso cardiaco, l'infarto o l'ipertensione si prediligono sport aerobici: nuoto, corsa, marcia e bicicletta possono essere ideali, nei "dosaggi" indicati dal medico, per migliorare le condizioni di cuore e vasi. L'ipertensione, ad esempio, è una malattia che si cura molto bene con lo sport: alcune evidenze indicano che è possibile ridurre la pressione anche di 10 mm Hg praticando regolarmente un'attività fisica, in media attraverso sessioni di allenamento di un'ora per tre volte alla settimana. L'esercizio aerobico è quel che ci vuole anche per chi è obeso o soffre di patologie del metabolismo, dalle iperlipidemie al diabete: in quest'ultimo caso il medico ricorda che è sempre opportuno fare esercizio monitorando la glicemia per evitare di andare in crisi ipoglicemica. Per i diabetici di tipo 2, che sono in genere persone più attempate, sedentarie e con qualche problema di chili di troppo, lo sport aerobico è un grande alleato, perché allena il cuore e tiene sotto controllo il peso: sì quindi a nuoto, corsa, bicicletta, ginnastica, sci di fondo, danza da praticare per 30-60 minuti 3 o 4 volte alla settimana. Meglio evitare invece sport esclusivamente anaerobici, come il sollevamento pesi o attività troppo intense, che possano ridurre drasticamente la glicemia.
MAL DI TESTA - «Del tutto diverse invece le raccomandazioni per chi soffre di osteoporosi - interviene lo specialista -. In questo caso l'attività fisica serve perché favorisce la deposizione di osso rinforzando lo scheletro, ma il nuoto ad esempio non aiuta: occorre dedicarsi soprattutto alla tonificazione muscolare, il lavoro in palestra con carichi leggeri può essere ideale». Anche chi soffre di mal di testa può giovarsi dell'attività fisica: poiché la maggior parte delle cefalee è muscolo-tensiva, dovuta cioè alla contrazione eccessiva dei muscoli del collo e delle spalle per colpa dello stress o di posture sbagliate, una ginnastica adeguata che aiuti a rilassare e sciogliere queste zone (ad esempio yoga o arti marziali) funziona da vero antidolorifico. C'è uno sport giusto anche per chi soffre di depressione o ansia: il lavoro aerobico, magari in gruppo (come pallavolo, calcio, basket, ma anche la danza), è utilissimo per regalare una buona dose di benessere. «Con l'esercizio fisico, nel cervello si producono endorfine che sono potenti antidepressivi naturali - spiega Beltrami -. Numerosi studi dimostrano che in diversi casi, tramite un buon programma di attività fisica, si riesce a stare bene senza prendere medicinali. Anche in caso di malattie respiratorie l'esercizio non deve essere escluso, anzi: una buona ginnastica respiratoria, che aiuti a espandere la gabbia toracica, associata a un'attività aerobica, può migliorare la funzionalità polmonare di chi soffre di enfisema o asma. Lo sport è utile pure nei pazienti con un tumore: sono ormai innumerevoli i dati che dimostrano come il movimento possa prevenire le ricadute dopo un cancro al colon, al seno, al polmone, alla prostata».
COSTANZA - Non ci sono controindicazioni per nessuno? «Lo sport è vietato quando la malattia è di grado severo: se c'è un grave scompenso, se un tumore è in una fase di terapia difficile. Ma l'attività fisica fa bene quasi sempre: l'importante, se si soffre di una qualsiasi patologia cronica, è non improvvisare, ma farsi prescrivere l’attività fisica da un medico e praticarla secondo le sue indicazioni - risponde lo specialista -. Come per le terapie a base di farmaci, il vero problema dello sport come medicina è l'aderenza alla cura da parte del paziente: perché funzioni davvero l'attività fisica deve essere praticata in modo costante e regolare, con sedute di durata prefissata dal medico e una cadenza come minimo bi- o trisettimanale. Fare sport una volta alla settimana serve a poco o nulla. Se però riusciamo a convincere i pazienti ad allenarsi almeno per un po' con assiduità i risultati si fanno vedere ed è più probabile che poi si perseveri nell'esercizio: il benessere che i pazienti provano è indiscutibile, per cui continuano e sono entusiasti» conclude Beltrami.

giovedì 16 maggio 2013

il momento del relax


come sempre un po' di buona musica per augurarvi un week end di quiete e pace

lunedì 6 maggio 2013

LE LENZUOLA SPORCHE...



Una giovane coppia di sposi novelli
andó ad abitare in una zona
molto tranquilla della città.
Una mattina, mentre bevevano il caffé,
la moglie si accorse, guardando attraverso la finestra,
che una vicina stendeva il bucato sullo stendibiancheria.
Guarda che sporche le lenzuola di quella vicina!
Forse ha bisogno di un altro tipo di detersivo...
Magari un giorno le farò vedere come si lavano le lenzuola!
Il marito guardò e rimase zitto.
La stessa scena e lo stesso commento
si ripeterono varie volte,
mentre la vicina stendeva il suo bucato al sole e al vento.
Dopo un mese, la donna si meravigliò
nel vedere che la vicina stendeva le sue lenzuola pulitissime,
e disse al marito:
Guarda, la nostra vicina ha imparato a fare il bucato!
Chi le avrà fatto vedere come si fa?
Il marito le rispose: Nessuno le ha fatto vedere;
semplicemente questa mattina,
io mi sono alzato più presto e, mentre tu ti truccavi,
ho pulito i vetri della nostra finestra !

Così è nella vita!
Tutto dipende dalla pulizia della finestra
attraverso cui osserviamo i fatti.
Prima di criticare,
probabilmente sarà necessario osservare
se abbiamo pulito a fondo il nostro cuore
per poter vedere meglio.
Allora vedremo più nitidamente la pulizia del cuore del vicino....

venerdì 26 aprile 2013

La «regolarità» si conquista facendo nove passi



Tutto ciò che si può fare per risolvere la stipsi, un problema molto frequente soprattutto (ma non solo) fra gli anziani

MILANO - La stitichezza è un problema comune fra chi non è più giovanissimo: le stime indicano che il 30-50 per cento degli over 65 fa uso di lassativi per porvi rimedio e fra chi ha più di 70 anni le difficoltà ad andare in bagno sono diffusissime. Come stare meglio? Le proposte arrivano da una revisione degli studi in materia, pubblicata sul Canadian Medical Association Journal secondo cui ci sono nove passi da fare per risolvere il disturbo. Innanzitutto, bisogna chiarire che si definisce stipsi cronica una situazione in cui si hanno meno di due evacuazioni a settimana per quindici giorni di seguito, soprattutto se si associano dolori, fastidio alla pancia, sensazione di non essersi svuotati completamente.
ANZIANI - Negli anziani è più comune perché sono più sedentari, di solito mangiano poche fibre, non bevono a sufficienza, non "ascoltano" lo stimolo ad andare in bagno o anche perché chi non è più giovane deve spesso assumere farmaci che possono favorire la costipazione, dagli oppioidi alle pastiglie per il ferro. «I sintomi possono avere un impatto forte sulla qualità di vita dell'anziano e perfino accelerarne il declino: la stitichezza può provocare dolore, nausea e perdita di appetito e questo può essere molto pericoloso soprattutto in soggetti fragili», come ha spiegato Dov Gandell, il responsabile della revisione. Ed ecco i nove passaggi per la gestione della stipsi in chi non è più giovane, suggeriti dall’esperto: il primo è una corretta valutazione dei sintomi; quindi (secondo passo) occorre andare alla ricerca delle possibili cause, dall'uso di farmaci specifici alla presenza di patologie che favoriscano la costipazione. Una volta certi che davvero di stitichezza si tratta (molti credono ci sia bisogno di intervenire con i lassativi se l'anziano non va in bagno tutti i giorni, ma l'evacuazione quotidiana non è indispensabile), e verificato che non ci sia un'occlusione intestinale, bisogna cambiare (almeno un po’) stile di vita.
MOVIMENTO - In primo luogo, si deve cercare di ridurre la sedentarietà ( terzo passo), dedicandosi a un esercizio fisico adeguato alle proprie condizioni; quindi, (quarto passo) occorre assicurarsi un adeguato comfort quando si va in bagno, ad esempio facendo sì che il water sia alla giusta altezza e che si possa avere la necessaria privacy ma al contempo chiamare aiuto in caso di bisogno. Poi (quinto) va rivista la dieta: si devono introdurre fibre a sufficienza attraverso cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, scegliendo spesso i legumi e consumando anche pane e pasta, meglio ancora se integrali; tè e caffè andrebbero ridotti, aumentando invece fino a sei-otto bicchieri al giorno l'apporto di acqua per mantenere le feci morbide. Qualche trucco (sesto passo) può aiutare, ad esempio è bene andare in bagno a orari fissi o preferendo farlo dopo i pasti, quando il riflesso gastro-colico dovuto al riempimento dello stomaco stimola l'evacuazione.
FARMACI - Se tutto questo non basta, si può provare (settimo passo) con i lassativi: i più efficaci e sicuri negli anziani, stando alla revisione, sono gli agenti osmotici che richiamano acqua nell'intestino, come polietilenglicole o lattulosio. Meno evidenze sono invece disponibili per fibre vegetali come lo psyllium, mentre i lassativi stimolanti, come senna e cascara, sarebbero validi ma perderebbero efficacia nel tempo. In generale però (ottavo passo) si dovrebbe procedere per gradi: prima si comincia con i lassativi formanti massa come lo psyllium, se non vengono tollerati o non hanno effetti apprezzabili si passa a lassativi osmotici o stimolanti per brevi periodi (tre, quattro giorni al massimo). Se anche questi non funzionano a dovere, l'ultimo passo è rivolgersi a uno specialista gastroenterologo o geriatra per individuare l'approccio più corretto nel singolo caso.

giovedì 11 aprile 2013

Un'ora di danza alla settimana migliora la postura e l'attività cognitiva degli anziani

MILANO - Un’ora di danza la settimana per 6 mesi migliora la postura, le performance sensitivo-motorie e quelle cognitive degli anziani senza creare problemi per il loro sistema cardio-polmonare: lo dimostra uno studio pubblicato su Frontiers in Aging Neurosciences dalla Texas University di Houston.
DUE GRUPPI - I ricercatori americani hanno messo a confronto due gruppi di ultra-70enni nei quali è stato effettuata una valutazione basale delle funzioni cognitive, del QI, del livello di attenzione, del tempo di reazione, delle funzioni motorie, di quelle tattili e dell’equilibrio posturale, così come della sensazione soggettiva di benessere e della funzionalità cardio-polmonare. I partecipanti, scelti in maniera da essere omogenei e con nessuno particolarmente dotato dal punto di vista psicomotorio, sono stati divisi a caso in 2 gruppi: il primo era quello dei “ballerini”, mentre il secondo non ballava. Dopo 6 mesi, senza che nei ballerini si fosse registrato alcun problema di funzionalità cardio-polmonare, i parametri cognitivi e sensitivo-motori erano tutti migliorati, soprattutto in chi alla valutazione basale aveva ottenuto i punteggi più bassi.
IL BALLO AIUTA LA MENTE - I miglioramenti più evidenti riguardavano memoria, abilità visuo-spaziale, linguaggio, attenzione, tempi di reazione, performance sensitivo-motorie, postura e stile di vita. Non è migliorata la capacità respiratoria aerobica massimale (il cosiddetto VO2max) che corrisponde al volume massimo di ossigeno che si può consumare per contrazione muscolare nell’unità di tempo, ma d’altronde anche negli allenamenti degli atleti ciò accade solo nel 20-30% dei casi. Nel gruppo di quelli che non ballavano, invece, nessun parametro è variato e alcuni sono peggiorati secondo il normale declino che accompagna l’avanzare degli anni.
INTEGRAZIONE CEREBRALE - Gli autori hanno concluso che moderati livelli di attività fisica associati a stimoli emotivi, sociali, cognitivi e a una forte componente sensitivo-motoria migliorano molti aspetti del declino correlato all’età. Ma perché proprio il ballo? La spiegazione risiederebbe nel fatto che la capacità di muoverci nello spazio tridimensionale è legata all’integrazione fra i circuiti visivi e i sistemi di orientamento con cui riusciamo a mantenerci alla giusta distanza da un certo punto di riferimento. Ciò attiva l’ippocampo e la corteccia entorinale, aree cerebrali che controllano la memoria spaziale il cui deterioramento è infatti uno dei primi segnali d’allarme di compromissione cognitiva e di potenziale demenza.
LO DICEVA ANCHE LEONARDO - Sulla medesima rivista compare un commento all’articolo del Professor Philip Foster del Dipartimento di Nanomedicina e Medicina Interna della stessa Università degli autori dello studio che inizia con una frase di Leonardo Da Vinci: «Il disuso arruginisce il ferro, l'acqua perde la sua purezza se ristagna o gela per il freddo e nondimeno fa l'inerzia sul vigore della mente». E in effetti il ballo vince ogni inerzia.

mercoledì 3 aprile 2013

facciamo più attenzione alle unghie


l'analisi della Weill Cornell University di New York

Facciamo più attenzione alle unghie

Non solo problemi estetici, ma anche malattie che non vanno sottovalutate: fondamentale l'esame con il dermatoscopio

MILANO - Un aspetto anomalo delle unghie può essere il segnale di diverse malattie, anche sistemiche, che però gran parte degli stessi specialisti spesso trascurano. La segnalazione viene da alcuni esperti della Weill Cornell University di New York.
TUMORE DELLE UNGHIE - Anche le unghie si possono ammalare ed eventuali anomalie non vanno considerate come un mero problema estetico. Per esempio, in questa sede si possono sviluppare melanomi che, però, sono spesso più difficili da riconoscere perché non presentano la classica pigmentazione scura. «In queste circostanze è facile confondere il melanoma con un’infezione o una lesione vascolare - fa notare Richard K. Scher, professore di dermatologia del Weill Cornell Medical College di New York -. Così non è raro che questo tipo di tumore venga diagnosticato con notevole ritardo. Invece, qualora si abbia di fronte un paziente con una storia di traumi, ulcerazioni e lesioni delle unghie atipiche, bisognerebbe sempre considerare la possibilità che si tratti di un melanoma, persino in assenza di una pigmentazione anomala». Fortunatamente l’esame delle unghie con il dermatoscopio sta diventando una pratica più comune rispetto al passato, anche se, riferiscono gli studiosi americani, le informazioni più accurate si hanno analizzando con questo dispositivo non solo la matrice delle unghie, ma anche il letto e questo richiede una procedura più invasiva. Una volta diagnosticato un melanoma in situ non sempre si sa quale sia la strategia terapeutica migliore. «In questi anni c’è stata una controversia tra chi sosteneva la necessità di un’amputazione e chi invece pensava fosse sufficiente rimuovere tutta la struttura dell’unghia e quindi procedere a un trapianto. Una recente rassegna segnala che questo secondo approccio meno drastico può essere una valida opzione. Un intervento meno invasivo è la strategia migliore anche in caso di carcinoma squamoso delle unghie» riferisce Scher.
NON SOLO ONICOMICOSI - Spesso quando le unghie hanno un aspetto sospetto, il primo pensiero va alle onicomicosi. E in effetti circa il 50 per cento delle anomalie delle unghie è causato da infezioni micotiche. «Ma un altro 50 per cento non lo è - osserva Scher -. Oggi c’è la tendenza a scambiare spesso per onicomicosi lesioni che in realtà hanno ben altra origine. Meglio dunque non essere avventati. La diagnosi differenziale, in questi casi, va fatta con tumori, psoriasi delle unghie e con condizioni che richiedono l’esecuzione di una biopsia per accertarne la causa».
INVECCHIAMENTO - Come le altre parti del corpo, anche le unghie invecchiano e i pazienti possono manifestare perplessità sul loro aspetto che magari fa apparire più vecchi della propria età anagrafica. «Invecchiando le unghie possono apparire opache e increspate. Non solo, possono diventare più spesse e difficili da tagliare - spiega Scher -. Altri segni dell’invecchiamento sono la crescita più lenta e la maggiore suscettibilità alle infezioni micotiche. Inoltre, i trattamenti possono essere più complicati a causa di un rischio maggiore di effetti indesiderati, soprattutto nel caso di terapie sistemiche con antimicotici per la possibilità di interazioni con altri medicinali che, le persone anziane assumono per curare patologie concomitanti». Che dire di gel e smalti spesso usati col tentativo di rinforzare o quanto meno abbellire le unghie? «Molti dermatologi disapprovano, ma non sussistono particolari controindicazioni a meno che siano presenti allergie ai componenti presenti in questi prodotti o altri problemi particolari. Per esempio, se è presente una psoriasi ungueale oppure se le unghie si rompono e sfaldano con facilità è meglio evitare, o quanto meno limitare, l’uso di prodotti acrilici, per dare alle unghie un po’ di riposo» conclude Scher.